domenica 25 marzo 2018 Sabbie mobili

A Caserta si compie il capolavoro dell’anticalcio e un Lecce abulico e senza idee tocca il fondo rovinosamente. La squadra si mostra incapace di creare un solo pericolo e di effettuare un solo tiro in porta per 90 minuti, e, inguardabile, fa arrossire di vergogna gli oltre 800 innamorati giallorossi presenti al “Pinto” di Caserta. Da ultimo, come non bastasse, rianima in modo insperato i suoi inseguitori.
La partita con la Casertana è talmente brutta e priva di spunti interessanti da far chiedere a un osservatore imparziale se effettivamente si sia vista in campo una squadra meritevole del primato. Non solo il Lecce non dà mai l’impressione di volere o di poter vincere la partita, per riscattare il mezzo disastro infrasettimanale con la Fidelis Andria, ma lo stesso Liverani ci mette ampiamente del suo, inventando una serie di cambi in corsa che buttano sul terreno tutta la batteria di attaccanti disponibili, nel migliore stile Fantacalcio, senza riuscire a vedere che a difettare sono le idee e la capacità di creare gioco e senza capire che se la palla non arriva in area a poco serve schierare quattro punte. Tanto questa evidenza resta al di fuori della visuale dell’allenatore che questi non trova di meglio che sacrificare un incolpevole Tsonev sull’altare di queste “non-scelte” tattiche.
Sulla partita c’è veramente poco da dire. Una sola occasione vera per la Casertana, nel primo tempo, al 43’, quando Turchetta entra in area da sinistra e supera Perucchini con un bel destro a giro, e una a fine partita su una ripartenza su cui Arrigoni mette la testa deviando sulla linea di porta. Lecce non pervenuto, eccezion fatta per un paio di affondi di Saraniti e Torromino nei primi minuti e per l’unica azione costruita secondo i crismi del gioco del calcio, vale a dire una verticalizzazione per Di Piazza al 34’ della ripresa; anche in questo caso l’attaccante davanti al portiere non ha sufficiente rapidità nel concludere e si fa chiudere senza affanni dalla difesa campana. Poco altro da dire: in una settimana il Lecce passa dall’impresa di Cosenza, al mezzo harakiri in casa con la Fidelis Andria, con un campionato virtualmente chiuso giovedì al 40’ del primo tempo, fino alla disfatta totale sul terreno del Pinto di Caserta.
Difficile mettere in fila tutti i deficit della squadra oggi: più colpevole l’incapacità per 45 minuti di sfruttare il forte vento a favore, pur avendo in campo tiratori come Torromino, Tsonev, Mancosu, Lepore? Più sconfortante l’inutile serie di cross molli e senza costrutto persi nel nulla dell’area casertana? Più irritante il tichi-taca lento e sterile degno del più incallito onanista del pallone? Più inspiegabile la scelta di preferire l’Ufo Tabanelli alla prospettiva di un guizzo di Tsonev, ormai relegato a comprimario? Più offensiva e ingiustificabile l’immagine offerta dall’intera squadra, ferma sulle gambe e priva di nerbo, a una curva giallorossa che ha macinato chilometri per spingere il Lecce fuori da una crisi inspiegabile? Oggi il Lecce in un solo colpo è riuscito a far sembrare più squadra gli avversari, un insieme di onesti lavoratori del pallone, increduli di fronte a tanta grazia, a ravvivare l’aggressività di due avversarie (Catania e Trapani) capaci fino ad oggi solo di farsi male da sole, a consumare le residue argomentazione dei pochi inguaribili ottimisti e a far riemergere in tutti l’incubo ricorrente degli ultimi sei anni. Società e tifosi non possono fare molto: si può cercare di essere razionali e rispettosi dei ruoli, ma dalla palude gli undici fantasmi in giallorosso ora dovranno tirarsi fuori con le loro forze

(o-w.k.)