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domenica 25 febbraio 2018 Testa bassa e pedalare
Prima o poi succede, ed è quasi normale, perché la legge dei grandi numeri alla fine non perdona, succede anche perché è del tutto fisiologico che una squadra, in corsa dall'inizio della stagione e con una striscia di risultati positivi e convincenti, attraversi una fase calante all'interno di un campionato.
Succede perché il Lecce si trova in questo caso davanti una squadra, la Juve Stabia, per niente sprovveduta, che appare disposta a giocare a viso aperto soltanto nel primo quarto d'ora della partita e che dopo, come spesso abbiamo visto in Via del Mare, arretra facendo densità nella sua metà campo e rende difficile qualsiasi trama, aiutata in questo dalla pessima condizione del terreno di gioco e dalla giornata negativa dei cinque attaccanti leccesi, veramente inguardabili, oltre che di tutta la squadra di casa.
Alla fine possiamo dire che succede nel migliore dei modi possibili, con il Catania a riposo che potrà sfruttare lo stesso vantaggio non capitalizzato dal Lecce solo alla fine del campionato, quando si spera i danni possano essere contenuti.
Molto di più sulla partita di oggi non c’è da dire: il Lecce ha creato qualche occasione poco convinta con Di Piazza, Saraniti e Lepore nel primo tempo, ha impensierito Bacci solo con un tiro secco da fuori area di Mancosu al 15’ della ripresa, respinto con i piedi dal portiere. I pochi sprazzi di calcio manovrato li ha mostrati la Juve Stabia con i suoi uomini dai “piedi buoni”, Paponi, Mastalli e Melara in sporadiche sortite dalle parti di Perucchini. Al 44’ del primo tempo Paponi, uomo d'area e di mestiere, al termine di una veloce fuga si è presentato solitario in area leccese e dalla destra ha piazzato un destro, reso insidioso dal terreno scivoloso, che si è spento di poco a lato della porta di Perucchini.
Terreno difficile, ansia di sfruttare il turno favorevole, avversari chiusi, giocatori poco ispirati e quasi svogliati:
qui finiscono le giustificazioni, perché in effetti, pur con una serie di attenuanti, il Lecce non è stato capace di sfruttare l'atteggiamento rinunciatario della Juve Stabia. I campani anzi hanno progressivamente preso coraggio e nel corso della partita hanno messo in mostra negli spazi le qualità dei loro uomini migliori, Paponi e Mastalli su tutti: il capitano stabiese ha bucato la difesa leccese al 35’ della ripresa, realizzando la rete grazie a una rapida ripartenza che ha trovato sbilanciati i due centrali leccesi e un Cosenza particolarmente impacciato.
Sul Lecce di oggi c’è poco da aggiungere: manovra lenta, un'infinità di passaggi laterali che riportano alla mente tutto l’orrido dello scorso campionato, nessuna capacità di mettere davanti alla porta con soluzioni rapide e non prevedibili un attacco sulla carta stellare. Al di là del risultato, i cui effetti non sono certo catastrofici, e che forse serve in positivo a sollevare la squadra dal peso dei record, il Lecce visto nelle ultime partite è apparso particolarmente spento e poco efficace, privo tanto di fantasia quanto di rabbia agonistica, quasi irritante nella sua impotenza.
Sono parziale attenuante per Liverani i ritmi elevati tenuti fino a questa fase del campionato e una certa stanchezza di alcuni uomini chiave, primi fra tutti Mancosu e Di Piazza. Ma il Lecce sembra aver perso anche la grinta e la determinazione di alcune giornate fa, forse insieme al suo allenatore che nelle ultime uscite pubbliche è stato molto più dubbioso e cauto rispetto al solito.
L'auspicio è che, cancellato il tabù dell'imbattibilità, il Lecce ricominci a correre con maggiore lena: le condizioni ci sono, il vantaggio sulla seconda è più che confortante, gli ostacoli sul cammino non sembrano insormontabili. Basta crederci, e sembra che l'abbraccio che la Nord ha voluto comunque regalare agli undici, venuti sotto gli spalti a capo chino e consapevoli dell'opportunità fallita, sia la spinta e l'augurio migliore.
Del traguardo finale, del miraggio inseguito da sei anni tra tante amarezze e delusioni, meno se ne parla meglio sarà. Testa bassa e pedalare, in silenzio, fino all'ultimo metro.