sabato 23 febbraio 2019 Quattro schiaffi e tutti a casa

Mister Fabio Liverani
Mister Fabio Liverani

Raggiunta un’entusiasmante e meritata salvezza - perché questo è stato fatto fino ad ora - Don Fabio scorge il frutto del peccato e, (s)venturato, lo addenta; anzi lo divora con ingordigia fino all’ultimo boccone trascinando nel baratro quattordici ragazzi sul campo di gioco e 1500 innamorati e innamorate dei colori giallorossi che, ancora una volta, hanno sostenuto con cuore e passione la squadra per l’intero incontro.
Il peccato è la superbia, la presunzione, il calcolo che portano Liverani a scelte inefficaci, speculative, con l’idea che con il Cittadella sia probabilmente delle tre partite negli otto giorni quella gestibile con maggiore tranquillità. Così i veneti sfoderano una splendida prestazione che annichilisce il Lecce per 90 minuti più recupero e fa apparire i giallorossi undici ragazzini della Primavera imbelli e privi di forza e idee. Come spiegare una prestazione così indecorosa se non pensando che inconsciamente il messaggio sia passato dalla panchina al campo, trascinando nell’abulia gli interpreti del gioco giallorosso?
Da tifoso e appassionato di calcio di parte leccese non ci sarebbe nulla da raccontare in questa partita, se non lo splendido e occasionale gol di La Mantia al 10', che ha purtroppo illuso spettatori sugli spalti e giocatori in campo. Poi c’è stato solo il Cittadella, che ancora una volta punisce il Lecce nei suoi momenti migliori: più forti e convinti su tutti i contrasti, sempre primi sulle seconde palle, i padroni di casa hanno chiuso il Lecce nell’angolo come un pugile “groggy”. I veneti hanno messo in mostra un gioco scintillante e redditizio contraddistinto da un pressing alto, mai calato di intensità per tutta la partita, anche a giochi ormai fatti, e da continue incursioni sulle fasce che hanno messo Fiamozzi e Calderoni letteralmente in braghe di tela e hanno indirizzato nell’area leccese cross sempre pericolosi. È così che un onesto centravanti come di fatto è Moncini ha potuto vivere la sua giornata da fenomeno con una tripletta, (17' e 41', poi al 12' della ripresa) e ha fatto apparire balbettanti e inadeguati tutti gli uomini della retroguardia leccese. Ha completato l’opera il gol di Adorni, in più occasioni già pericoloso attaccante aggiunto per il Cittadella.
Lecce non pervenuto: Liverani non solo ha scelto, solo in parte per necessità, di partire con un centrocampo atipico, dove ancora una volta Haye non ha convinto e Tachtsidis è apparso chiaramente sottotono, forse perché poco protetto; ha anche scelto di affidarsi a due punte fisiche, oltre a privarsi di Falco, gettato nella mischia quando ormai il disastro era compiuto; infine l’allenatore leccese ha sacrificato, immolandolo nel naufragio collettivo, anche il nuovo arrivato Majer che, ovviamente, non avrebbe potuto modificare gli equilibri del match dentro una squadra ormai chiaramente in depressione in tutti i suoi effettivi, fatta forse eccezione per qualche sussulto di orgoglio di Palombi e La Mantia.
È vero, una giornata storta può capitare, ed era nella logica delle cose che il Lecce potesse subire un calo fisiologico nelle sue prestazioni; del resto le avvisaglie di un trend in calo si erano già percepite nelle partite di Venezia e nell’ultimo incontro con il Livorno. E poiché nessuno pensava di vedere una prima parte del campionato così piena di soddisfazione, si possono anche accettare quattro schiaffoni dal Cittadella, secondo la migliore tradizione; immaginarli anzi, scaramanticamente, addirittura bene auguranti.
Quello che lascia perplessi e non si può accettare è la sensazione che il Lecce possa aver perso il suo “candore” e il suo atteggiamento spavaldo per ragioni di puro calcolo. In questo momento della stagione sarebbe più giusto giocare al meglio partita per partita senza ragionare sul modo di dosare forze e tecnica in relazione alla supposta caratura dell’avversario di turno e godere l’attimo. È proprio questo il grande vantaggio che la strada fatta finora offre a Liverani e compagni: la possibilità di giocare sempre a viso aperto, senza pressioni, con il piacere di divertire e di divertirsi. Crediamo che oggi sia ciò che ambiente e società chiedono alla squadra, pur rispettando le legittime ambizioni del timoniere e di gran parte del suo equipaggio. Stasera intanto ringraziamo il Cittadella e il suo gioco spumeggiante che ci hanno imposto una doverosa riflessione sul futuro.

(o-w.k.)