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domenica 27 gennaio 2019 Una gioiosa macchina da calcio

Da molto tempo quello che lega i tifosi giallorossi alla squadra è anche il senso di appartenenza ad una terra e a valori e sentimenti profondi. Quando questo senso di appartenenza è rafforzato dall'ammirazione per l'estetica e per la forza del calcio di Liverani e C. allora il coinvolgimento è totale e il giallo e il rosso rappresentano i colori di una terra e di un popolo appassionato. E' anche questo a giustificare il lungo innamoramento tra i tifosi e il Lecce, innamoramento del tutto ricambiato per le grandi emozioni che in questo campionato la squadra è capace di offrire, in senso positivo, con un avvio sfavillante come quello visto all'Arechi di Salerno, e purtroppo anche in senso negativo con quella dose di thrilling e di sofferenza che non manca mai nei suoi finali di partita.
A Salerno il Lecce ha un avvio micidiale: è certamente vero che l'avversario non è apparso nel suo momento migliore; la Salernitana, squadra certamente ricca di buone individualità è schierata in campo in modo non impeccabile e appare intimorita da un clima sugli spalti molto sfavorevole. Ma il Lecce parte veramente a testa bassa e, complice l'atteggiamento molle di tutta la difesa campana e l'errore di piazzamento del portiere Micai, colpisce al 3' con un missile da oltre 20 metri di Mancosu. Il Lecce è così subito padrone del campo e della partita, tiene le linee di difesa e centrocampo molto alte e impedisce agli uomini di Gregucci qualsiasi velleità di ragionare e ripartire in modo credibile verso la metà campo salentina. Impressiona soprattutto la capacità di creare densità nelle zone in cui staziona la palla in fase di non possesso e i disimpegni operati sempre con sicurezza, palla a terra; il Lecce esce così spesso con scambi corti dalle maglie del centrocampo avversario. Sono questi i due aspetti che rappresentano il "marchio di fabbrica" di Liverani e il reale imprinting dato al gioco dei giallorossi.
E poi c'è "Taxi Driver" Tachtsidis: il greco guida in effetti con intelligenza e qualità il gioco leccese; non avrà ritmi indiavolati (ma sembra quasi avere i 90 minuti nelle gambe) ma sa sempre un attimo prima cosa fare con il pallone. Lo fa in modo impeccabile, con estrema precisione ed efficacia, senza lasciare tempi di gioco agli avversari. E lo fa ancora al 19', con un filtrante da applausi a scena aperta che entra come una lama nell'area campana e trova puntuale Palombi a deviare in rete il pallone del 2 a 0 per brindare al suo ritorno al gol. Il Lecce ha ancora l'occasione di chiudere la partita prima dell'intervallo ma non subisce in ogni caso particolari pericoli ad opera di una Salernitana, incerta e stordita non solo dall'uno-due leccese ma anche dalle sonore contestazioni di larga parte del suo pubblico.
La fase iniziale della ripresa non offre spunti degni di nota. Gregucci decide alcuni cambi nel tentativo di dare una scossa ai suoi uomini; inserisce prima Di Gennaro e poi Bocalon. Anche Liverani opera dopo il break un primo cambio sostituendo l'infortunato Falco con La Mantia e dopo un quarto d'ora dall'inizio inserisce anche Pettinari per Palombi. La Salernitana prende più coraggio, forse anche grazie a qualche piccolo incoraggiamento arbitrale, ma è il Lecce a sfiorare il gol del tre a zero prima con Scavone, forse ostacolato in area in modo irregolare, e poi con una rapida ripartenza che mette Calderoni davanti al portiere avversario. Per la legge del calcio, l‘errore del laterale leccese inesorabilmente porta pochi minuti dopo la Salernitana a trovare il gol su mischia in area giallorossa, con Anderson, al 25'. L'episodio non modifica significativamente gli equilibri della partita: il Lecce appare certo meno fresco e lucido, si abbassa in modo evidente a copertura di Vigorito. L'ingresso di Pettinari che insieme a La Mantia dovrebbe avere il compito di consentire alla squadra di recuperare metri non è in questo particolarmente efficace. Anche se con qualche patema nel finale il Lecce chiude la partita in vantaggio dopo aver sprecato un'ennesima occasione per il terzo gol con una lunga volata di Mancosu, arrivato sfiancato a tu per tu con Micai.
E' convinzione diffusa che il Lecce non riesca quasi mai a vincere senza soffrire, soprattutto nei finali di gara. Questa, seppur minima, carenza, va però anche vista come un effetto quasi ovvio delle caratteristiche del gioco di Liverani; un gioco spettacolare, redditizio, capace di intimorire gli avversari, ma altrettanto dispendioso sul piano fisico e mentale. In queste condizioni bisogna accettare l'eventualità che alcune partite possono essere chiuse in affanno, quando il punteggio non mette sufficiente distanza rispetto all'avversario. Le soluzioni proposte da Liverani fino ad oggi hanno privilegiato un turnover degli uomini in campo più tempestivo e hanno lasciato alle punte, in particolare a quella di dotata di maggiore fisicità, come La Mantia, il compito di catturare palloni e difenderli per dare il tempo alla squadra di risalire. Si ha la sensazione invece che le difficoltà che il Lecce mostra nella fase finale delle partite non siano da imputare ad errori o scarsa lucidità in fase difensiva, ma possano essere circoscritte con qualche soluzione differente e con maggiore protezione nella parte centrale del campo.
Ma queste sono riflessioni da lasciare alla competenza di Liverani e dello staff tecnico.
D'altra parte, cosa si può chiedere di più ad una squadra che scende in campo dando sempre la sensazione di poter vincere ogni partita e che offre 90 minuti di divertimento? Cosa si può chiedere ad un allenatore che trasmette allo stesso tempo la ricerca del gioco, determinazione, tenacia, entusiasmo agli undici che scendono in campo qualunque siano le scelte tecniche?
Gli obiettivi più importanti di questa stagione sono ormai quasi tutti raggiunti: vedere bel calcio, evitare eccessive sofferenze, lasciarsi alle spalle sei anni di amarezza. E, perché no, sperare che il meglio debba ancora venire.