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giovedì 25 giugno 2020 La farsa è servita
Riparte malinconicamente la giostra del campionato, con poca musica e luci fioche, come quelle giostrine di periferia con le quali nessuno sembra veramente divertirsi, ma che, in ogni caso, bisogna far girare.
Il Lecce, messo di fronte a un Milan non irresistibile, nemmeno prova a salirci, sulla giostra; resta anzi a guardare i suoi movimenti ipnotici: non morde, non corre, non fa male, in poche parole non entra mai in partita, tentando un calcio manovrato senza velocità e senza fantasia.
Così il Milan ne fa (altre) quattro a una difesa non solo imprecisa, scoordinata, ma a tratti così bloccata da far rimpiangere il dinamismo del subbuteo.
Le reti milaniste sono un po' tutte colpi da flipper, se si eccettua il contropiede da horror di Rebic. Il Lecce prova a reagire con un goal annullato a Meccariello, al 35', e, nella ripresa, grazie a un rigore anch'esso surreale per fallo su Babacar. Ma anche questa insperata trasfusione di fiducia a nulla serve, e gli undici giallorossi, che perdono anche Lapadula per un infortunio di non facile soluzione, continuano a vagare nelle nebbie per tutta la partita.
Un mezzo dramma da dimenticare in fretta, considerando che domani è subito Juve, e ci sarà poco da stare allegri con quello che si è visto durante il match e quanto è stato dichiarato da Liverani nel post partita.
Dobbiamo preoccuparci? No, non ne varrebbe la pena se guardiamo alle vere tragedie che il paese e il territorio hanno attraversato e saranno chiamati ad affrontare nei prossimi mesi. No, se pensiamo che questo campionato così non avrebbe dovuto ripartire.
Se già prima esisteva un divario economico e di qualità incolmabile tra le 4-5 squadre che annaspano in coda e il resto della ricca compagnia, ora si aggiunge un altrettanto consistente divario di quantità. Solo rose ampie e omogenee per caratteristiche tecniche consentiranno di reggere la frequenza con cui si addenseranno le partite da qui a fine luglio; le piccole squadre andranno inevitabilmente in apnea. Conteranno molto le scelte dello staff medico prima ancora di quelle degli allenatori, e molto di più la buona sorte. Aggiungiamo che un campionato così diluito nel corso della settimana è difficile da seguire anche per chi dovrebbe monitorare e garantire la correttezza e la qualità delle decisioni arbitrali.
Il Lecce ha sicuramente molte colpe: non è immaginabile che dopo tre mesi di stop i giocatori (tolti pochissimi casi, Lapadula e, incredibilmente, il flemmatico Panagiotis) non abbiano, se non la forza fisica, la spinta nervosa per lottare fino all'ultimo metro.
Ma preoccuparsi o amareggiarsi di quello che potrà accadere nei prossimi due mesi per propri demeriti, nel caso del Lecce, sarebbe ingiusto: consoliamoci per il momento con la bassa qualità delle squadre che ci tengono compagnia in fondo alla classifica. Il campionato dei poveri è in parte ancora da giocare, ma con il coltello tra i denti