martedì 13 aprile 2021 Padroni del proprio destino

Stefano Pettinari e Massimo Coda
Stefano Pettinari e Massimo Coda

Le partite si possono perdere, specie se di fronte hai una delle squadre più complete del campionato cadetto, sia per tasso tecnico dei singoli che per organizzazione di gioco. La Spal ha certamente attraversato momenti difficili, come pure è successo ai giallorossi, ma il potenziale del suo organico non era in discussione. D'altro canto, il Lecce veniva da una sequenza di partite giocate con ritmo e giusta tensione nervosa ed è del tutto naturale che contro una squadra forte e in recupero di fiducia, anche per una serie di circostanze occasionali, potesse segnare il passo.
Gli aspetti problematici del match giocato sabato sono stati evidenti a tutti: la squadra è sembrata stanca, imballata, con uno Hjulmand leggermente in affanno rispetto alle ultime apparizioni, ben neutralizzato, e che quindi ha sottratto energia al centrocampo e ha ridotto di molto la capacità di filtro a scapito della fase difensiva. Anche le due punte sono apparse meno lucide e più impacciate rispetto alle ultime prestazioni. Eppure il Lecce ha subito il primo gol per una serie di rimpalli sfortunati, ha ritrovato subito il pareggio con un'azione nitida conclusa da Majer e, nella seconda parte del primo tempo, ha esercitato una costante pressione sull'avversario costringendolo nella sua metà campo e cercando il vantaggio. In quella fase della partita la squadra ha mostrato di essere consapevole della propria forza e di avere il piglio autorevole e deciso di una squadra protagonista. La sconfitta è quindi figlia certamente di una comprensibile stanchezza e in un deficit di attenzione in uno specifico momento della partita, quando la scarsa rapidità con cui la squadra ha ripiegato in difesa e una disattenzione in copertura hanno consentito agli emiliani di conseguire il vantaggio con Okoli e da qui i tre punti. Nessuno ha brillato particolarmente, nemmeno tra i ricambi proposti da colini, non Tachtsidis, certamente meno efficace di altre volte, né Nikolov né tantomeno l'amuleto Rodriguez.
Restano un passo falso occasionale e una sconfitta, certamente dolorosi in questo momento della stagione, che non dovrebbero comunque ledere l'autostima dei giallorossi: questo è il campionato di B e questi sono i suoi classici momenti clou in cui talvolta il pathos può drammatizzare una singola battuta a vuoto e ingenerare (erroneamente) il timore di aver rovinato una stagione. Certamente il vantaggio sulla terza si è assottigliato, facendo venir meno quella condizione di comfort che le ultime partite avevano regalato al Lecce, ma le condizioni di scenario non sembrano essere mutate significativamente a suo svantaggio. È vero che il Lecce è atteso a due sfide di vertice, contro Monza ed Empoli, e ha da affrontare un avversario altrettanto ostico come il Cittadella. Ma è altrettanto vero che le ultime giornate di campionato propongono anche alle inseguitrici dirette incroci estremamente delicati contro squadre che nutrono legittime aspirazioni di piazzamento o speranze di salvezza.
Sarà, come da copione, un finale di stagione al cardiopalma, ma il Lecce è comunque ancora padrone del suo destino più di quanto non lo siano le sue avversarie dirette: arriva all'ultimo strappo ampiamente attrezzato dal punto di vista tecnico, motivato e ben guidato. È solo un peccato che non possa essere sostenuto e accompagnato all'obiettivo dalla spinta e dall'entusiasmo del suo territorio.

(o-w.k.)