giovedì 05 maggio 2022 Il paradosso del petardo

Gabriel Strefezza, perplesso, a Vicenza
Gabriel Strefezza, perplesso, a Vicenza

Il Lecce avrebbe potuto giocare a Vicenza la partita perfetta, quella che avrebbe dato alla squadra la certezza della promozione, e in effetti l'ha giocata fin quando è stato possibile; ora si trova invece ad affrontare l'ultima partita, certamente non un ostacolo insormontabile, sapendo tuttavia che esiste una probabilità maggiore di zero di perdere sul filo di lana un traguardo che aveva già in mano. Perchè quello che si è visto a Vicenza, prima della sceneggiata genuinamente napoletana e chiaramente eterodiretta, era senza alcun dubbio l'ovvia conseguenza di un approccio alla gara preparato con cura e con grande intelligenza. Nel momento in cui gli avversari cominciavano ad avvertire la pressione di dover fare risultato pieno il Lecce aveva progressivamente aumentato il numero di giri chiudendo i veneti nella loro area, conquistandosi diverse occasioni da gol ed andando a segno con un tiro (deviato) di uno dei suoi giocatori migliori, Gabriel Strefezza. Nessun problema particolare fino ad allora, nessun affanno, contro una squadra di una pochezza sconcertante e che di fatto appariva condannata dai suoi stessi limiti ad una sorte infausta. Poi c'è stato il gesto di un "eroe solitario" dal quale si è innescata una serie di conseguenze paradossali che ad oggi è ancora difficile comprendere. Per quanto preparati e concentrati è inevitabile che in quella situazione gli uomini in campo abbiano perso convinzione forza e fiducia.
Il paradosso del petardo è che, non solo per colpa dell'eroe di cui sopra, in questo momento il risultato finale di un campionato è ancora sospeso a un filo. Il paradosso del petardo fa sì che, dimenticando le colpe di chi lo ha tirato e di chi ha permesso che questo accadesse, si tenda a cercare colpe, colpevoli, e futili giustificazioni per questa situazione sul terreno di gioco, all'interno della società, negli insufficienti controlli delle forze dell'ordine a Vicenza, insomma dovunque ma non dove effettivamente le colpe sappiamo tutti risiedere. Si è parlato di tutto, della scarsa lucidità di Rodriguez che in una delle tante ripartenze leccesi ha scelto la soluzione sbagliata senza servire uno dei compagni in superiorità numerica; si è parlato degli sfoghi di Corvino e dell'opportunità di invocare una sanzione per slealtà sportiva di un tesserato della squadra avversaria; si è perfino recriminato sui punti persi in altri campi di gioco, sul rigore sbagliato da Coda a Como e sui due punti sfumati che oggi avrebbero collocato il Lecce in una condizione di completa sicurezza. Il paradosso del petardo è che il petardo e chi lo ha lanciato rimangono come sempre anonimi e impuniti, e quasi implicitamente sono giustificati, perchè è più comodo cercare altrove la consolazione per un risultato sfumato. Meglio che immaginare che un singolo abbia creato questo disastro, che la stupidità e l'autolesionismo possano generare danni così severi. E quindi cosa importa che un'intera rosa si sia preparata maniacalmente per ottenere il risultato nel corso di tutta la settimana, cosa importa che ancora una volta la società veda legato ad un filo un ritorno economico importante a fronte dei sacrifici compiuti, cosa importa se, comprensibilmente, un navigato lavoratore dell'industria pallonara, che ha dato ancora una volta il meglio di sè, con tutti i suoi limiti, per ottenere gli obiettivi richiestigli affidi tutta la sua delusione e e il suo sconforto ad un monologo in sala stampa nel suo italiano ruspante ma sincero? Il paradosso è che, mentre in modo puerile ci si accanisce a ragionare sugli errori di Rodriguez, sul rigore sbagliato di Coda e sul folklore di un direttore sportivo, i petardi continueranno ad essere lanciati e a generare danni economici e sportivi.

(o-w.k.)